Vista l'ultima volta alle 18,42, il cellulare squilla fino alle 19,15


BREMBATE DI SOPRA (19 dicembre) - Sul piatto di queste indagini, alla fine di innumerevoli ed estenuanti aggiustamenti di mira, ci sono oggi 500 testimoni, 15mila telefonate e 33 minuti di buio. Buio totale, il buio di Yara, il buio che portiamo nel cuore per non averla ancora trovata neppure dopo ventidue giorni di ricerche. Ma almeno ora si può circoscrivere in maniera plausibile lo spazio temporale di questo mistero: cosa è capitato a Yara Gambirasio, 13 anni, stella nascente della ginnastica ritmica, tra le 18.42 e le 19.15 del 26 novembre scorso?

Un papà, l’ultimo testimone. Tutti pensavamo di non sapere dove fosse finita Yara dalle sei e mezza in poi, da quando salutò istruttrici e compagne d’allenamento. Invece è spuntato fuori un signore, il papà di una compagna di Yara, l’altra sera a «Quarto Grado» , a dire che lui l’ha vista ancora all’interno del Palazzetto dello Sport di Brembate alle 18.42. Come faccia a ricordare il minuto spaccato forse glielo chiederanno presto gli investigatori. Di fatto, sposta tutto di 12 minuti. E non è poco.

Il messaggio a Martina. E’ alle 18.44, quindi esattamente due minuti dopo, che Yara invia un messaggio alla sua amica Martina, in risposta all’sms ricevuto alle 18.25. Martina voleva sapere l’ora esatta dell’appuntamento di domenica per le gare e Yara gliela fornisce: «Dobbiamo essere lì per le 8». Per giorni e giorni, quel messaggio costituisce un enorme fattore di depistaggio, come se il Caso si divertisse a complicare queste indagini già sfortunate: il telefonino di Yara aggancia Mapello e quindi va a combaciare con le tracce, oggi svanite, rilevate dai cani molecolari. Invece il traffico dei cellulari della zona, in quei minuti, è risultato talmente intenso da costringere la cella di Brembate ad appoggiarsi a quella del paese vicino.

Gli ultimi squilli. I tabulati indicano con discreta certezza che il telefonino di Yara -a parte quell’estemporaneo e fuorviante aggancio a Mapello- non si è mai allontanato da Brembate. Lo dicono alle 18.55 -e siamo già a 13 minuti dall’ultimo momento in cui la ragazzina è stata vista- e lo ripetono addirittura fino alle 19.15, quando la mamma di Yara, Maura, che sta continuando a cercarla, riceve gli ultimi due squilli. E’ la fine dele comunicazioni, da quel momento il cellulare di Yara non dara più risposte e nemmeno tracce.

I due uomini e la Citroen rossa. Li ha visti Enrico Tironi, lo scombinato testimone della prima ora e ha visto anche l’auto, come li ha visti una guardia giurata, come li ha visti un’altra donna mentre litigavano. Tre testimonianze che fra una deposizione e l’altra continuano a mutare di forza e di nitidezza, ma sono pur sempre gli unici tre appigli a cui si possono aggrappare per ora queste indagini. La prima considerazione è che se questi famosi «due uomini» fossero davvero estranei alla scomparsa di Yara si sarebbero già presentati a spiegare tutto. Invece, nulla. La seconda è che in questi 22 giorni non si è trovata in zona una Citroen rossa degna di un sospetto. Possibile?

La speranza nei cellulari. La speranza è che fra le quindicimila telefonate agli atti dell’inchiesta ci siano anche i numeri di chi ha portato via Yara. E’ ovvio che gli esami si stanno restringendo attorno a una cerchia di numeri sensibili, per capire come questi numeri sensibili siano stati utilizzati in quei fatidici 33 minuti. Altrimenti ci sarebbe da immaginare un piano incredibilmente premeditato, con i «due uomini» che si presentano all’appuntamento con Yara senza neppure il cellulare, per eliminare davvero ogni traccia dei loro spostamenti. A Brembate è lecito tutto, anche immaginare questo. COSA PENSI DI QUESTA NOTIZIA?

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