Gisella Orrù :A sorpresa, le rivelazioni fatte da un pentito, hanno fatto riaprire le indagini sull'omicidio


A sorpresa, le rivelazioni fatte da un pentito, hanno fatto riaprire le indagini sull'omicidio di Gisella Orrù, "la ragazza del pozzo" come è stato chiamato il feroce delitto avvenuto nel 1989. Salvatore Pirosu e Licurgo Floris, di Carbonia (Cagliari), stanno scontando per quel delitto una condanna rispettivamente a 24 e 30 anni di carcere, ma Floris si è sempre proclamato innocente e perfino i legali di parte civile sono convinti che lui non c'entri.Secondo Michele Schirò, legale di parte civile, "il delitto è maturato in ambienti che non sono gli quelli classici indicati dal Pirosu. Credo che si tratti, invece, proprio di personaggi esterni ad un certo mondo di criminalità". Pirosu con la sua testimonianza piena di lacune e di imprecisioni avrebbe in sostanza voluto coprire qualcuno che lo avrebbe pagato, anche perché è stato accertato che Pirosu non poteva compiere da solo l'omicidio.

Il 7 luglio 1989 dal sifone di una condotta idrica nelle campagne di San Giovanni Suergiu, a pochi chilometri da Carbonia, in Sardegna, veniva recuperato dai vigili del fuoco il corpo di Gisella Orrù, una ragazza di sedici anni. Mancava da casa da dieci giorni, dal 28 giugno '89, e c'era grande agitazione in tutta Carbonia per la sua scomparsa. Di solito era puntuale, anche per evitare discussioni con la nonna paterna che la ospitava, insieme alla sorella minore, dopo la separazione dei genitori. Per le prime ricerche la nonna si era rivolta a Salvatore Pirosu, vicino di casa e amico di famiglia, che il giorno della scomparsa di Gisella Orrù era rientrato a casa intorno a mezzanotte. Si scoprirà in seguito che proprio quel vicino di casa era coinvolto nella scomparsa e nella atroce fine della ragazza.

Il 29 giugno, di primo mattino, la nonna Gina aveva ricevuto una telefonata anonima nella quale una voce di donna avrebbe detto: "Gisella è con noi in vacanza. Starà fuori un mese. Stia tranquilla". Il 13 luglio un'altra telefonata anonima fatta ai Carabinieri indicava la presenza di un cadavere nel pozzetto della condotta idrica nelle campagne di San Giovanni Suergiu. Il corpo recuperato dai vigili del fuoco era nudo, in stato di decomposizione. Il riconoscimento fu possibile il giorno dopo, grazie alla catenina e all'orologio.

Le perizie hanno accertato che la ragazza aveva subito violenza sessuale, era stata colpita alla testa e tramortita, forse con una pietra, prima di essere uccisa con un oggetto appuntito e sottile che le ha forato il cuore. Il 14 luglio, un'altra telefonata, con la solita voce di donna, ha messo gli inquirenti su una pista: Gisella Orrù, quella sera, era stata fatta salire su una Fiat 126 bianca mentre percorreva via Napoli, intorno alle 21 deserta. L'auto ha portato a Salvatore Pirosu, l'amico della famiglia Orrù, il vicino di casa che la vittima chiamava zio. Messo sotto torchio, Pirosu, nullafacente con precedenti per reati sessuali, ha ammesso di aver prelevato la ragazza da via Napoli, ma dicendo di averlo fatto perché qualcuno voleva conoscerla. Quel qualcuno sarebbe stato Licurgo Floris, un pregiudicato, con qualche precedente per furto e droga. Pirosu ha sostenuto che è stato lui ad uccidere Gisella Orrù ma Floris, appunto, si è sempre proclamato innocente. La testimonianza di Salvatore Pirosu, che ha molti punti deboli, è stata il filo conduttore di tutto il processo. Pirosu e Floris sono stati condannati per l'orrendo delitto, ma la sentenza non ha mai chiarito i molti punti oscuri della vicenda.

Secondo il racconto di Pirosu a bordo della sua Fiat 126 quella sera c'era anche Floris. Avevano seguito Gisella Orrù dopo che lei, salutati gli amici, stava percorrendo Via Napoli da sola. Lì era scattata la trappola. Floris era sceso dall'auto e aveva convinto Gisella a salire a bordo con loro. I tre avevano raggiunto l'auto di Floris, una Fiat 131 parcheggiata più avanti, in Via Asproni, non lontano dalla casa della nonna della vittima. A bordo di questa seconda auto c'erano due tossicodipendenti, Gian Paolo Pintus, poi morto di Aids, e Gianna Pau, detta Janette. Gisella Orrù, sempre secondo Pirosu, avrebbe accettato la richiesta di un incontro amoroso nel boschetto di Matzaccara, un luogo isolato, vicino al mare.

Qui la comitiva si sarebbe divisa: Salvatore Pirosu avrebbe approfittato della compagnia di Janette nella Fiat 131, mentre Floris, Pintus e la Orrù si sarebbero appartati tra la fitta vegetazione di sterpaglie. Ma dopo qualche minuto il presunto accordo sarebbe saltato. Gisella Orrù sarebbe scappata, nuda, inseguita dai due uomini, anche loro senza vestiti. Poi un urlo disperato e il silenzio. Floris e Pintus avrebbero raggiunto la Fiat 131 dove c'erano Pirosu e la Pau, trasportando il corpo senza vita della ragazza. Lo avrebbero avvolto in una stuoia che Floris usava per l'attività di meccanico. Sistemata la vittima nel bagagliaio dell'auto di Floris, i due uomini, sempre nudi e a rischio di essere intercettati, avrebbero portato il corpo verso la campagna, percorrendo 8 km per gettarlo nel sifone della condotta idrica. Una versione, questa, lunga e a tratti dettagliata, ma troppo spesso sommaria e incompleta, con molte lacune.

Pirosu non dice dove, due ore prima di essere uccisa, Gisella Orrù aveva mangiato carne e patate e dove la ragazza aveva bevuto gli alcolici le cui tracce sono state rilevate dall'autopsia. Sul corpo della ragazza non c'è traccia della sabbia di Matzaccara e per questo è improbabile che sia stata uccisa nel boschetto, come Pirosu ha affermato. Forti dubbi ci sono anche sull'arma del delitto: i due uomini l'avevano portata con sé? Pirosu non dice nulla e non sa che fine abbiano fatto i vestiti della vittima.

Una ricostruzione dei fatti è difficile in mancanza di riscontri oggettivi. Ci sono resti di abiti bruciati nel caminetto della abitazione di Pirosu, ma nessuno li ha esaminati prima che sparissero. Come sono spariti, dalla scrivania del comandante dei Carabinieri, anche i nastri registrati delle telefonate anonime, utili per cercare di identificare la voce che ha chiamato. Forse Gisella Orrù presa in trappola da Salvatore Pirosu, il vicino di casa del quale si fidava, avrebbe reagito. L'avv. Schirò ha ipotizzato: "Pirosu ha consegnato sicuramente Gisella a qualcuno e l'ha fatto per due ordini di motivi: o perché doveva ricevere del denaro o perché non poteva farne a meno". Ma Gisella si sarebbe ribellata e quando ha capito il destino che l'attendeva avrebbe gridato, minacciando di denunciare tutti. La sua denuncia avrebbe scoperto un verminaio e questo doveva essere impedito a tutti i costi. La ragazza sarebbe stata uccisa all'interno di una casa dove aveva mangiato e bevuto qualcosa nel preambolo di un incontro che prevedeva rapporti sessuali. L'arma, un ferro appuntito, sarebbe stata del tutto occasionale e usata con maestria. Dopo essere stata tramortita, un colpo secco e preciso che l'ha raggiunta al cuore. E' dunque improbabile il racconto di Pirosu: da Matzaccara al luogo dove viene nascosto il cadavere ci sono 8 chilometri e si passa per strade frequentate. Improbabile anche che i suoi assassini viaggiassero sull'auto nudi. Intanto avevano il tempo per vestirsi e, in secondo luogo, avrebbero destato sospetto. Sull'auto di Licurgo Floris la scientifica non ha scoperto nessuna traccia della presenza della ragazza. Ma forse l'auto non era quella, forse era l'auto che un altro personaggio sospetto del sottobosco della prostituzione aveva rubato per quell'incombenza. Concluso il servizio quell'auto sarebbe stata data alle fiamme, come ha scritto in una lettera alla moglie di Floris un detenuto che ha ricevuto la confidenza da chi aveva commesso il furto?

Con la sentenza i giudici hanno prosciolto Gianna Pau perché un certificato medico ha dimostrato che quella sera era al Sert di Cagliari, il servizio per le tossicodipendenze. Prosciolto anche Gianpaolo Pintus, perché era a Carbonia in compagnia di altre persone. La corte di Assise di Cagliari ha condannato in primo grado Pirosu e, in appello, Licurgo Floris. Questa sentenza però non è condivisa da tutti, a cominciare dalla parte civile, per la quale l'avv. Schirò l'ha così definita: "Una pietra sopra questa vicenda, non consentendo invece che si andasse avanti verso indagini che servissero ad approfondire quali altri personaggi potevano essere coinvolti. Non credo che il livello di coinvolgimento sia di personaggi come Licurgo Floris". Sono in molti a pensare che quella notte i personaggi coinvolti nel delitto fossero di ben altra estrazione sociale. Si parla di notabili che da tempo avevano messo gli occhi su quella bella ragazza.

Gisello Orrù, il padre della ragazza, emigrato in Veneto con la figlia Tiziana, chiede ancora giustizia. Richiesto di un commento sugli assassini della figlia, ha risposto: "Uno è dentro. L'altro non posso mettere la mano sul fuoco che c'entri. Io l'ho detto in tribunale e lo ripeto oggi: è un ruba galline, messo dentro perché era un personaggio indesiderato nella società".


"Chi l'ha visto?" ha chiesto un incontro con Floris nel carcere di Buoncammino a Cagliari. Dopo aver ottenuto l'autorizzazione, però, il detenuto ha rifiutato l'incontro e la mattina dopo è stato trasferito all'improvviso nel carcere di Sollicciano a Firenze. La moglie crede che possa aver subito delle pressioni: "Credo che sia successo qualcosa in carcere. Penso che ci sia qualcuno che gli ha fatto delle pressioni o che l'abbiano minacciato ed è per questo che non ha voluto parlare".


Evidentemente la morte di Gisella Orrù fa ancora paura e anche "Chi l'ha visto?" è stato invitato a non occuparsi del caso con una telefonata di un tale che si è finto il padre della ragazza, diffidando la redazione dal mandare in onda il servizio.

Il pentito interrogato dal PM Alessandro Pili ha parlato di un racket della prostituzione giovanile, di personaggi influenti che si procuravano le ragazze attraverso il sottobosco malavitoso. Si parla di una villetta bianca a Matzaccara, vicino al mare, dove si organizzavano festini a luci rosse con ragazze minorenni. Nessuno ha dimenticato quella stagione di morte. Prima di Gisella Orrù, una ragazza, Liliana Graccione, si tolse la vita ingerendo un potente veleno. C'è una relazione tra i due fatti? Salvatore Porcu giornalista dell'emittente locale "Canale 40" ha ipotizzato: "C'erano personaggi che agivano un po' come i bravacci di Don Abbondio, procuravano ragazzine per persone facoltose di larga disponibilità economica". COSA PENSI DI QUESTA NOTIZIA?

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